Samantha Power | |
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Amministratrice dell'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale | |
In carica | |
Inizio mandato | 3 maggio 2021 |
Presidente | Joe Biden |
Predecessore | Mark Green |
28° Rappresentante permanente alle Nazioni Unite | |
Durata mandato | 5 agosto 2013 – 20 gennaio 2017 |
Presidente | Barack Obama |
Predecessore | Susan Rice |
Successore | Nikki Haley |
Dati generali | |
Partito politico | Democratico |
Samantha Jane Power[1] (Dublino, 21 settembre 1970) è una diplomatica e giornalista statunitense di origine irlandese, rappresentante permanente per gli Stati Uniti d'America alle Nazioni Unite dal 2013 al 2017 sotto la presidenza di Barack Obama.
Power ha iniziato la sua carriera coprendo come giornalista le guerre jugoslave. Dal 1998 al 2002 è stata Direttore Esecutivo Fondatore del Carr Center for Human Rights Policy presso la Harvard Kennedy School, dove in seguito ha ricoperto per prima la cattedra "Anna Lindh" di Practice of Global Leadership and Public Policy. È stata consulente senior del senatore Barack Obama fino a marzo 2008, quando si è dimessa dalla campagna presidenziale dopo essersi scusata per essersi riferita all'allora senatrice Hillary Clinton come a un "mostro".[2]
Power è entrata a far parte del team di transizione del Dipartimento di Stato di Obama alla fine di novembre 2008. È stata Special Assistant del Presidente e Direttore Senior per gli Affari Multilaterali e i Diritti Umani del Consiglio per la sicurezza nazionale da gennaio 2009 a febbraio 2013.[3] Nell'aprile 2012, Obama l'ha scelta per presiedere un nuovo Atrocities Prevention Board. Durante il suo mandato, l'ufficio di Power si è concentrato su temi quali la riforma delle Nazioni Unite, i diritti delle donne e i diritti LGBT nel mondo, la libertà religiosa e delle minoranze religiose, i rifugiati, la tratta di esseri umani, i diritti umani e la democrazia, anche nei paesi MENA, Sudan e Birmania. È considerata una figura chiave nell'amministrazione Obama nel convincere il presidente all'intervento militare in Libia del 2011.[4] Nel 2016, è stata elencata come la 41a donna più potente del mondo da parte di Forbes.[5]
Power è uno dei soggetti del documentario 2014 Watchers of the Sky, che spiega il contributo di diverse persone di rilievo, tra cui Power, alla causa della prevenzione del genocidio.
Ha vinto un Premio Pulitzer nel 2003 per il suo libro Voci dall'inferno, uno studio sulla risposta della politica estera degli Stati Uniti ai casi di genocidio. Ha anche ricevuto la Barnard Medal of Distinction nel 2015[6] e nel 2016 il Premio Henry A. Kissinger.[7]