«Fratelli, dobbiamo pensare a Gesù Cristo come a Dio, come al giudice dei vivi e dei morti; e non dobbiamo sottovalutare la nostra salvezza.»
Seconda lettera di Clemente | |
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Datazione | 140-160 |
Attribuzione | anonima |
Fonti | armonia dei vangeli di Matteo e Luca |
Manoscritti | Codex Alexandrinus |
Tema | sermone sull'auto-controllo, sul pentimento e sul giudizio |
La Seconda lettera di Clemente, 2 Clemente o Lettera di Pseudo-Clemente è un testo tradizionalmente attribuito al vescovo di Roma Clemente (88-97), scritto in greco tra il 140 e il 160 e incluso nella cosiddetta letteratura subapostolica. Malgrado il nome, non si tratta di una lettera, ma di un'omelia sull'«autocontrollo, sul pentimento e sul giudizio».[1]
L'autore non ci è in realtà noto, poiché già gli scrittori antichi negavano che Clemente ne fosse l'autore[2]; il collegamento con Clemente è probabilmente legato al fatto che il testo fu presto tramandato nei manoscritti insieme alla Prima lettera di Clemente[3]. Anche il luogo di composizione non è noto con sicurezza: tra le possibili città di origine sono state proposte sia Alessandria d'Egitto che la stessa Corinto.[4]
L'opera è importante anche in quanto testimonia a favore dell'esistenza di un vangelo altrimenti perduto, che sarebbe stato ottenuto armonizzando il Vangelo secondo Matteo e il Vangelo secondo Luca.[5]
La Seconda lettera di Clemente è stata trasmessa assieme alla prima nel Codex Alexandrinus (tardo IV secolo) e nel Codice di Gerusalemme (1056).[1]