Sicilia | |
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Il peristilio della villa romana del Casale (IV secolo d.C.) | |
Informazioni generali | |
Nome ufficiale | (LA) Provincia Sicilia |
Capoluogo | Syracusae (Siracusa) |
Dipendente da | Repubblica romana, Impero romano |
Amministrazione | |
Forma amministrativa | Provincia romana |
Evoluzione storica | |
Inizio | 241 a.C. |
Causa | fine della prima guerra punica |
Fine | 440 d.C. |
Causa | invasioni barbariche del V secolo |
Cartografia | |
La provincia (in rosso cremisi) |
La Sicilia (provincia Sicilia in latino) fu una provincia romana e comprese la Sicilia, le isole minori dell'arcipelago siciliano e l'arcipelago maltese[1], anche se inizialmente rimasero formalmente indipendenti la Syracusae di Gerone II (inizialmente conquistata, il Senato le riconcesse l'autonomia nel 210 a.C.[2]) e Messana[3].
Tradizionalmente viene indicata come la prima provincia a venire creata, anche sulla scorta di un passo di Cicerone dalle Verrine:
«[Sicilia] prima docuit maiores nostros quam praeclarum esset exteris gentibus imperare [...]»
«[La Sicilia] fu la prima a dimostrare ai nostri antenati quale nobile compito fosse dominare su popoli stranieri [...]»
La dominazione romana in Sicilia prese le mosse dalla vittoria di Torquato Attico e Catulo sulle truppe cartaginesi di Annone nella battaglia delle isole Egadi (combattuta, secondo la tradizione riportata da Flavio Eutropio e da Giovanni Zonara, il 10 marzo 241 a.C.), che pose fine in favore dei Romani alla Prima guerra punica. L'isola fu il primo territorio conquistato dalla Repubblica romana fuori dalla penisola italica e per questo diede luogo a una nuova forma di amministrazione, forse ricalcata in parte sul modello che i Cartaginesi usavano per l'isola.[4] Anche se è certamente in Sicilia che risiedono le premesse del nuovo istituto della provincia, non è chiaro se la Sicilia sia stata creata provincia per prima (in un qualche momento tra il 241 e il 227 a.C.) o se invece fu creata tale nel 227, in contemporanea alla provincia Sardinia et Corsica, quando ai già esistenti praetor urbanus (creato nel 366 a.C.) e praetor peregrinus (creato nel 242 a.C.) si aggiunsero due praetores provinciales, uno per la provincia Sicilia e uno per la provincia Sardinia et Corsica.[5][6]
L'isola sperimentò poi diverse ristrutturazioni amministrative, a partire dal 210 a.C., quando Marco Valerio Levino tolse l'autonomia alle poleis siceliote e conquistò anche la parte orientale dell'isola, di modo che la parte centro-occidentale prese il nome di vetus provincia, come testimonia Livio (XXIV, 44, 4).[2]
La lex Rupilia del 131 a.C., nata dopo i moti della prima guerra servile, riformò ulteriormente l'amministrazione, senza comunque modificare né l'assetto sociale né l'economia basata sul latifondo.[7]
Durante la dominazione romana in Sicilia, fino al tempo di Cicerone, fiorirono le città delle coste settentrionale e orientale.[8] Rimase vigorosa l'impronta greca dell'isola e la lingua latina iniziò ad affermarsi solo nel I secolo a.C.[9]
Con Augusto (imperatore dal 27 a.C.), la Sicilia fu affidata ad un proconsole, sempre dell'ordine senatorio, ma rimase una provincia publica: non si ritenne infatti di posizionarvi truppe, come si faceva per le province imperiali. Analogamente alle altre province amministrate da un proconsole, rispetto ai precedenti due, si ebbe un solo questore.[10]
L'imperatore Diocleziano, asceso al potere nel 284, riordinò le province, raddoppiandone il numero. La Sicilia rimase però una provincia a sé, entrando a far parte della Dioecesis Italiciana.[11] Con Costantino I o più probabilmente sotto i suoi eredi, fu inclusa nella prefettura del pretorio d'Italia[12] e nella diocesi dell'Italia Suburbicaria.
Fino al V secolo l'isola godette di un periodo senza guerre e in essa non erano stanziate truppe. A partire dal 429 la Sicilia fu soggetta alle incursioni dei Vandali di Genserico. L'isola fu poi attaccata in forze nel 440, ma conquistata stabilmente dai Vandali solo a partire dal 468.[13]
Celebre è il detto di Catone il Censore (234-149 a.C.), secondo cui la Sicilia era «il granaio della repubblica, la nutrice al cui seno il popolo romano si è nutrito»[14][15]. Altrettanto celebre è il processo intentato a Gaio Verre, propretore della provincia dal 73 a.C. al 71 a.C., contro cui Cicerone pronunciò, per l'accusa, le orazioni In Verrem, che rappresentano una delle fonti più importanti per la Sicilia dell'epoca[16].