Sigismondo Pandolfo Malatesta | |
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Piero della Francesca, Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451 circa | |
Signore di Rimini | |
In carica | 1432 – 1468 |
Predecessore | Galeotto Roberto Malatesta |
Successore | Roberto Malatesta |
Altri titoli | Signore di Fano |
Nascita | Brescia, 19 giugno 1417 |
Morte | Rimini, 9 ottobre 1468 (51 anni) |
Luogo di sepoltura | Tempio Malatestiano |
Dinastia | Malatesta |
Padre | Pandolfo III Malatesta |
Madre | Antonia da Barignano |
Coniugi | Ginevra d'Este Polissena Sforza Isotta degli Atti |
Figli | Galeotto Roberto Valerio Galeotto Giovanna Sallustio Antonia Margherita |
Sigismondo Pandolfo Malatesta (Brescia, 19 giugno 1417 – Rimini, 9 ottobre 1468) fu signore di Rimini e Fano dal 1432, mentre suo fratello Domenico (Novello) Malatesta lo fu di Cesena. Considerato dai suoi contemporanei come uno dei più audaci condottieri militari in Italia, partecipò a molte battaglie che caratterizzarono quel periodo.
Fu un grande patrono delle arti, portando a Rimini, la capitale del suo Stato, un considerevole gruppo di artisti e letterati tra i più autorevoli della penisola. Sempre bisognoso di fondi per finanziare i suoi grandiosi progetti, fu talvolta spregiudicato in guerra, pronto anche a cambiare bandiera in favore di chi gli garantisse il migliore appannaggio. Alla lunga ciò gli inimicò alcune grandi personalità dell'epoca, che gradualmente lo isolarono e cercarono in ogni modo di piegarlo.
A ciò si aggiunse uno stato di guerra logorante e pressoché perenne col vicino e rivale Federico da Montefeltro, che da Urbino governava l'ambita città di Pesaro, con la quale i Malatesta avrebbero potuto unificare i loro territori romagnoli e marchigiani. Nonostante i numerosi tentativi di conquistare la città vicina, questo progetto non andò mai definitivamente in porto. Alla fine, escluso dalla pace di Lodi e scomunicato da papa Pio II, fu marginalizzato e attaccato da più parti, perdendo gran parte dei suoi territori e finendo i suoi ultimi giorni tra progetti di riscatto incompiuti.
Ezra Pound lo definì «il miglior perdente della storia».