I postumi della COVID-19 a lungo termine o sindrome post-COVID-19 o long COVID (in inglese) sono gli esiti che la COVID-19, in quanto malattia multiorgano, può avere con effetti duraturi su molti apparati del corpo umano.
I pazienti in condizioni critiche devono affrontare una compromissione funzionale prolungata dopo la dimissione, che si ritiene possa durare diversi anni.[1] In molti pazienti vengono descritte sequele a lungo termine della malattia: una percentuale variabile dal 10% al 20% delle persone con COVID-19 segnala sintomi come affaticamento, mal di testa, dispnea e anosmia,[2] che durano più di un mese[3][4][5] mentre su una persona su quarantacinque (2,2%) persistono sintomi che durano più di dodici settimane.[6][7][8]
I malati vengono spesso definiti in inglese long-haulers (portatori a lungo termine).[9][10][11][12][13][14][15]
Il National Institute for Health Research del Regno Unito indica che nei soggetti affetti da sindrome post-COVID-19 la ME/CFS è una delle sindromi frequenti[16][17], analogamente a quanto dichiarato dal Prof. Anthony Fauci a partire già da luglio 2020[18][19]. Ci sono evidenze che le persone con COVID-19 acuto e con ME/CFS abbiano anomalie biologiche comuni tra cui squilibrio redox, infiammazione sistemica e neuroinfiammazione, una ridotta capacità di generare adenosina trifosfato e uno stato ipometabolico generale[20][21].
I sistemi sanitari di alcuni paesi si sono attivati per trattare questo gruppo di pazienti creando cliniche specializzate.[22]