Il termine solidarismo genericamente esprime un comportamento, individuale o collettivo, di aiuto e sostegno, morale o materiale, nei confronti di altri.
In particolare il solidarismo può rappresentare una tendenza sociale a costruire concretamente un organismo economico basato sulla solidarietà.[1]
Una forma di solidarismo è la cooperazione internazionale dove più stati sovrani operano congiuntamente in progetti a favore di altri paesi svantaggiati o in iniziative di sviluppo economico o industriale.
Tra le forme di solidarismo quello cristiano, teorizzato dal gesuita ed economista tedesco Heinrich Pesch (1854-1926), vuole realizzare un sistema fondato su valori morali di solidarietà sociale dove gli individui pongano in secondo piano i loro interessi privati a favore di quelli collettivi.
In Italia gli economisti ottocenteschi teorici del solidarismo sostengono che il progresso sociale si debba realizzare con la collaborazione tra le classi in una visione che richiama il pensiero di Saint-Simon.[2]
L'elaborazione di una teoria scientifica del solidarismo fa capo in Italia all'economista cattolico Guido Menegazzi, professore universitario a Pisa e Verona, che iniziò l'elaborazione del suo pensiero a partire dalla crisi del 1929 e successivamente sviluppandolo con le sue osservazioni sul sistema corporativistico fascista considerato efficiente solo a condizione che non fosse inficiato dall'intervento dello Stato.
Secondo Menegazzi l'attività umana allo scopo di realizzare un solidarismo organico e razionale si deve svolgere secondo una gerarchia di valori che hanno al primo posto l'azione spirituale e a seguire quella umano-politica, economica e infine finanziaria. Se quest'ordine viene capovolto l'intero sistema si disgrega.[3]
Il solidarismo di Menegazzi si collega ai valori spirituali presenti nel pensiero sociale cattolico:
«... la solidarietà trae dal Cristianesimo il suo più elevato nutrimento spirituale. E, mentre i popoli ascendono sulla via della storia, dilegua il secolare contrasto tra l'indirizzo della scienza e quello della morale: le nuove scienze sociali – qui sintetizzate – si consolidano sul finalismo universale e sociale, le cui leggi vengono a coincidere con le norme del finalismo etico. La novità non sta dunque nei principi dell'ordine morale che vengono affermati, ma nella conseguita dimostrazione scientifica delle leggi dell'ordine costituito e operativo, che ne confermano la validità e, nella convalida storica delle leggi stesse, che viene offerta ai nostri giorni, in armonia con l'immutabile orientamento morale cristiano. Quest'armonia dell'ordine costitutivo e operativo, definito scientificamente, con l'ordine etico, non solo ridona un fondamento unitario alle scienze della società, ma offre pure una base unitaria alla nuova coscienza sociale. La scienza e la coscienza, che promuovono l'imponente rivoluzione solidarista, confermano al mondo civile che è giunta l'ora del suo maggiore impegno etico-sociale e ravvivano la sua grande missione: accogliere e sviluppare tutti i motivi di superamento del materialismo bifronte e di attuazione di un vero umanesimo integrale – basato sull'ordine naturale e spirituale – edificando così la nuova civiltà, in modo che l'uomo torni ad essere la libera creatura creatrice degli equilibri e dei valori, secondo le leggi della vita, che costituiscono l'indistruttibile fondamento di ogni comunità umana incamminata verso i fini supremi dello Spirito.[4]»
In particolare per Menegazzi il solidarismo ha modo di realizzarsi nell'ambito aziendale dove «i portatori dei fattori produttivi esplicano funzioni integrantisi vicendevolmente» attuando così «il passaggio dall'azienda alla comunità di lavoro o comunità solidaristica dei produttori».[5] Convinzione questa la sua che trova riscontro nella dottrina sociale cattolica:
«Tanto più la diffusione della proprietà deve propugnarsi e realizzarsi in un tempo come il nostro...Per cui, utilizzando accorgimenti tecnici, di varia natura, riscontrati efficaci, non riesce difficile promuovere iniziative e svolgere una politic economico-sociale che incoraggi ed agevoli una più larga diffusione della proprietà privata di beni di consumo durevoli, dell'abitazione, del podere, delle attrezzature proprie dell'impresa artigiana ed agricola familiare, dei titoli azionari delle medie e grandi aziende come già si sta proficuamente sperimentando in alcune comunità politiche economicamente sviluppate e socialmente progredite.[6]»