Il teatro di rivista, o più comunemente rivista, è un genere di spettacolo teatrale di carattere leggero che in Italia ha conosciuto la massima popolarità tra la fine degli anni trenta e la metà degli anni cinquanta, come evoluzione del varietà verso più alti livelli artistici, nella fase di decadenza di precedenti generi come il café-chantant, l'operetta, portando poi alla grande affermazione della commedia musicale.[1][2][3] È un misto di prosa, canto, musica, danza e scenette umoristiche ispirate all'attualità spicciola e ai tradizionali cliché erotico-sentimentali, uniti da un tenue filo conduttore, con la presenza di personaggi fissi come la soubrette. Come nell'operetta e nel musical, la rivista unisce momenti musicali, di danza e recitazione in una presentazione unica. Però, a differenza di questi, nella rivista non c'è una trama a cui attenersi da inizio a fine, ma un tema generale funge da cornice a una successione meno vincolante di vari numeri.[4]
^ Felice Cappa e Piero Gelli (a cura di), Dizionario dello spettacolo del '900, Baldini&Castoldi, 1998.
^ Dino Falconi e Angelo Frattini, Guida alla rivista, Accademia, 1953.
^ Daniele Palmesi e Federico Clemente, Teatro di rivista, su tototruffa2002.it. URL consultato il 26 febbraio 2020.
^"Verso il 1920 il varietà non viveva più che a stento. Era diventato uno spettacolo troppo facile per un pubblico che ormai non si divertiva più come una volta nemmeno all'operetta. Bisognava complicarlo per infondergli nuova vita. Bisognava renderlo un po’ più difficile, senza peraltro togliergli la sua gaiezza. Sapete come succede a certi floricultori, che, divenuti troppo esperti, non si contentano più di coltivare belle rose profumate ma fanno l’impossibile per produrre qualcosa di raro, di eccezionale, di complicato: e allora innestano i tulipani sulle tuberose, i narcisi sui giacinti, i garofani sulle gardenie. Qualcuno – chi sarà mai stato? – pensò di innestare il varietà sullo stelo dell'operetta. Sperava di ottenere così chissà quale rara e seducente corolla. E vide risbocciare la rivista”.
(Dino Falconi)