Il teatro elisabettiano è stato uno dei periodi artistici di maggiore splendore del teatro britannico, contrassegnato dalle opere di drammaturghi quali William Shakespeare, Christopher Marlowe e Ben Jonson.
Nella sua accezione più ristretta, esso coincide al regno di Elisabetta I d'Inghilterra, e dunque all'età elisabettiana (1558-1603); a volte però vi si include anche produzione teatrale sotto il regno di Giacomo I, ovvero l'età giacobita (1603-1625).[1] Secondo un'accezione ancora più ampia, come teatro rinascimentale inglese esso andrebbe esteso ai fenomeni teatrali fioriti nel periodo del Rinascimento inglese, dunque dalla riforma anglicana di Enrico VIII (anni 1530), fino al 1642, anno in cui il Parlamento, dominato dai puritani e ostile a Carlo I, proibì le rappresentazioni teatrali poco prima dello scoppio della guerra civile.
Il teatro di tutto il periodo viene tradizionalmente associato a due grandi figure: la regina Elisabetta (1533-1603), da cui trae il nome, e il drammaturgo William Shakespeare (1564-1616), massimo esponente di questo periodo e uno dei maggiori autori teatrali in assoluto.[2] Assieme agli aspetti economici della professione teatrale, il carattere del dramma mutò verso la fine del periodo: sotto Elisabetta il dramma era un'espressione unitaria al di là dalla classe sociale coinvolta: la corte assisteva alle stesse rappresentazioni che la gente comune vedeva nei teatri pubblici, mentre con lo sviluppo dei teatri privati il dramma divenne più orientato verso i gusti e valori di un pubblico di alto ceto. Con l'ultima parte del regno di Carlo I venivano scritti pochi nuovi drammi per il teatro pubblico, che si sosteneva sulle opere accumulate dei decenni precedenti.[3]