Il teatro femminista nasce dall'esperienza delle avanguardie artistiche, del teatro sperimentale e del teatro politico,[1][2][3][4] del teatro di strada femminile e dei gruppi agit-prop degli anni sessanta e dei primi anni settanta del Novecento,[5] a loro volta maturati nel contesto dei movimenti del 1968, diffusi in diversi continenti, dagli Stati Uniti all'Europa, portatori di una forte carica di contestazione contro gli apparati di potere dominanti, il sistema sociale e le sue ideologie.[6]
Durante quel periodo, in un'ampia varietà di modi, in differenti spazi pubblici – dalle strade, alle aule accademiche – vennero affrontati i temi dei diritti civili, della politica culturale e della sessualità, e venne affermato il bisogno di far uscire il teatro dai suoi luoghi di rappresentazione tradizionali, di portarlo fra la gente comune sovvertendone i contenuti, organizzando gruppi teatrali alternativi, mentre anche il movimento delle donne aumentava la sua presenza, promuovendo e diffondendo la critica alla società patriarcale, ai suoi stereotipi e ai ruoli sociali e sessuali imposti.[7][8]
Tra il 1968 e il 1971 furono organizzate negli Stati Uniti e nel Regno Unito le prime manifestazioni femministe contro i concorsi di Miss Mondo e Miss America, ritenuti offensivi per gli standard imposti alla bellezza femminile e per il trattamento riservato alle donne, viste come oggetti sessuali; molte di queste proteste assunsero la forma di spettacoli pubblici, di performance teatrali e si innestarono nella realtà già attiva di decine di gruppi teatrali di strada femminili.[9][10]
Nei primi anni settanta, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, sarebbero formalmente nati i primi gruppi teatrali femministi, fra cui i più noti furono New Feminist Theatre, The Women's Street Theatre Group, Women’s Theatre Council (1972) e Monstrous Regiment (1975).[11]
Sia il femminismo che il teatro femminista si sono presentati come "contro-culturali", proponendo valori e definizioni alternativi che comprendono la centralità assegnata all'esperienza vissuta dalle donne, la volontà di superare gli stereotipi di genere, la scelta di modalità di lavoro collettive e non gerarchiche, l'importanza attribuita all'interazione pubblico-attori, l'uso di tecniche sperimentali.[12]
Più che di teatro femminista, tuttavia, si dovrebbe parlare di molteplici teatri femministi, in relazione ai differenti contesti geografici, culturali e generazionali, alle teorie e alle pratiche femministe assunte a riferimento, alle personali esperienze o convinzioni di donne coinvolte a vario titolo, in termini pratici e/o teorici, in questo contesto artistico.[13]
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