La Terra di Israele (in ebraico אֶרֶץ יִשְׂרָאֵל?, Erétz Yisra'él) è la regione che, secondo il Tanakh e la Bibbia, fu promessa da Dio ai discendenti di Abramo attraverso suo figlio Isacco[1][2] e agli Israeliti, discendenti di Giacobbe, nipote di Abramo. Costituisce la Terra promessa ed è parte del patto fatto con Abramo e Israele. La tradizione ebraica considera la promessa valida per tutti gli ebrei, compresi i discendenti dei convertiti.
Il termine non deve essere confuso con l'attuale Stato di Israele, che è uno stato politico moderno più piccolo compreso all'interno dei confini biblici e storici così definiti. Tuttavia, dopo la guerra dei sei giorni del 1967, il termine e il concetto sono stati politicizzati e usati per giustificare le politiche dei partiti israeliani di destra, come il Likud.[3][4]
«Riflettendo le tradizionali divisioni all'interno del movimento sionista, questo asse invoca due concetti, Eretz Israel, cioè la biblica 'Terra di Israele', e Medinat Israel, cioè lo Stato di Israele ebraico e democratico. Mentre nei primi decenni di vita dello Stato dominava il concetto di Medinat Israel in sintonia con le aspirazioni del Sionismo Laburista, nel 1967 la conquista di terra che faceva parte 'Israele biblico' fornì la base materiale per l'affermazione del concetto di Eretz Israel. Esprimendo la percezione di legittime rivendicazioni ebraiche della 'terra biblica', la creazione di insediamenti ebraici nei territori conquistati si intensificò dopo le elezioni del 1977, che videro la fine del dominio del Partito Laburista. Ma quando la prima Intifada si fece pesantemente visibile, il governo che de facto Israele esercitava sulla popolazione palestinese nel lungo periodo creò un dilemma tra democrazia e maggioranza ebraica. Con l'inizio di Oslo e l'opzione del compromesso territoriale, il fossato tra sostenitori di Eretz Israel e Medinat Israel diventò sempre più profondo, e l'assassinio del Primo Ministro Rabin nel novembre del 1995 ne fu la prova più drammatica»