I sette vizi capitali, noti anche come peccati capitali, sono un raggruppamento e una classificazione dei vizi nell'ambito degli insegnamenti cristiani.[1] Sebbene non siano direttamente menzionati nella Bibbia, esistono dei paralleli con le sette cose che Dio detesta nel Libro dei Proverbi. I comportamenti o le abitudini sono classificati in questa categoria se danno direttamente origine ad altre immoralità.[2]
Secondo l'elenco standard, i sette vizi capitali sono la superbia, l'avarizia, l'ira, l'invidia, la lussuria, la gola e l'accidia[2] e possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono,[3] cioè le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali.[4]
Questi vizi (dal latino vĭtĭum, mancanza, difetto, ma anche abitudine deviata, storta, fuori dal retto sentiero)[5] distruggerebbero l'anima umana, contrapponendosi alle virtù, che invece ne promuovono la crescita. Sono ritenuti "capitali" poiché più gravi, principali, riguardanti la profondità della natura umana. Impropriamente chiamati "peccati", nella morale filosofica e cristiana i vizi sarebbero in realtà causa del peccato, che ne è invece il suo relativo effetto.
La classificazione dei vizi capitali ebbe origine con i Padri del deserto, in particolare con Evagrio Pontico. L'allievo di Evagrio, Giovanni Cassiano, con il suo libro Le istituzioni cenobitiche, portò la classificazione in Europa,[6] dove divenne fondamentale per le pratiche confessionali cattoliche, come documentato nei manuali penitenziali e in opere letterarie come "Il racconto del parroco" da I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer e il Purgatorio di Dante Alighieri, in cui i penitenti del Purgatorio sono raggruppati e penitenziati in sette cornici in base al loro peccato peggiore. L'insegnamento della Chiesa si concentrava in particolare sull'orgoglio, ritenuto la radice di tutti i peccati in quanto allontana l'anima da Dio, e sull'avidità o cupidigia.
I sette peccati capitali sono discussi nei trattati e raffigurati nei dipinti e nelle decorazioni scultoree delle chiese cattoliche, nonché nei libri di testo più antichi.[1] I sette peccati capitali, insieme ai peccati contro lo Spirito Santo e ai peccati che gridano vendetta al Cielo, sono insegnati soprattutto nelle tradizioni cristiane occidentali come cose da deplorare.[7]