Xenobiotico

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Si definisce con il termine xenobiotico (dal greco composto da ξένος -η -ον "xènos -e -on" = straniero e βίος "bìos" = vita) una sostanza di qualsiasi tipo, di origine naturale o sintetica, estranea ad un organismo.[1] Essa può esplicare sia la funzione di farmaco sia di veleno tossico. Ad esempio gli antibiotici sono xenobiotici in quanto non sono prodotti dall'organismo, e neanche ingeriti normalmente, e quindi ne sono estranei. Lo stesso si dica di etanolo[2], pesticidi, additivi alimentari. Queste sostanze creano problemi soprattutto se non vengono espulse rapidamente e la loro permanenza nel corpo è prolungata.

In genere sono accomunati dalla lipofilia e quasi totale assenza di cariche elettriche a pH fisiologico, cosa che ne facilita l'assorbimento, ma ne ostacola l'eliminazione: se manca una serie di enzimi che li trasforma in sostanze maggiormente polari, eliminabili per escrezione, si crea un effetto accumulo tossico dovuto a una prolungata permanenza e azione nell'organismo. Gli enzimi che catalizzano queste reazioni chimiche sono classificati in:

  • fase I di funzionalizzazione;
  • fase II di coniugazione (Meyer, 1996);
  • fase III di deconiugazione o trasporto (Liska, 1998).

La maggior parte degli agenti chimici cancerogeni sono ad azioni indiretta, cioè necessitano di una reazione che li cambia in una sostanza diversa in grado di danneggiare il DNA. Gli enzimi di fase I, in particolare il sistema monossigenasico citocromo P450-dipendente, convertono gli agenti pre-cancerogeni in agenti cancerogeni.

  1. ^ (EN) IUPAC Gold Book, "xenobiotic"
  2. ^ Liguori, G.; D'Auria, V.; Russo, F.; Cimminiello, A., Alcol: tra clinica e letteratura, 1ª edizione, FrancoAngeli (Collana: Clinica delle dipendenze e dei comportamenti di abuso), 2006, pp. 128 (34), ISBN 978-88-464-7661-6.

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