Pizia

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Egeo, mitico re di Atene, consulta la dea Temi, seconda detentrice dell'oracolo di Delfi secondo Eschilo[1] assisa sul bacile del tripode. Tondo di una kylix attica a figure rosse del 440-430 a.C. Opera del Pittore di Kodros, (Antikensammlung di Berlino, Berlin Mus. 2538).

Nell'antica Grecia la Pizia o Pitia (in greco antico: Πυθία Pythía, pronuncia: [pyːtʰí.aː]) era la sacerdotessa di Apollo che forniva i responsi oracolari al santuario di Delfi, considerato l'omphalos[2], il cuore religioso e politico della Grecia antica. Con il termine omphalos era indicata, nello specifico, la pietra su cui la sacerdotessa originariamente sedeva.

La posizione venne ricoperta da donne scelte nella città di Delfi, senza limiti di età, per circa 1800 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 d.C. quando la pratica venne proibita dall'imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il Cristianesimo religione di Stato nel 380, aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani.

L'oracolo di Delfi è una delle istituzioni religiose del mondo classico meglio documentate, nonché probabilmente la più nota di questo tipo. Secondo Plutarco[3], nel periodo di maggior popolarità del santuario di Delfi, c'erano almeno tre donne che svolgevano contemporaneamente il ruolo di Pizia.

Tra gli scrittori che lo menzionano possiamo ricordare, in ordine alfabetico: Aristotele, Diodoro Siculo, Erodoto, Euripide, Giustino, Lucano, Ovidio, Pausania, Pindaro, Platone, Plutarco, Senofonte, Sofocle, Strabone e Tito Livio.

  1. ^ Eschilo. Eumenidi 1-34.
  2. ^ Eschilo, 165 sgg., in Eumenidi.
  3. ^ Moralia 414b.

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